Deve essere il merito il principale criterio nella formazione delle graduatorie (e il conseguente scorrimento) nei concorsi pubblici; non può essere determinante la data più ravvicinata alla prova di un titolo di ammissione come il dottorato di ricerca. Il principio è stato ribadito dalla terza sezione del Tar Lazio con una sentenza che ha annullato la graduatoria del concorso pubblico bandito dal Cnr per sette unità con contratto a tempo pieno e indeterminato con il profilo di ricercatore (terzo livello professionale presso strutture del Cnr nell'area strategica risorse naturali ed ecosistemi: bando n. 368.29).
Il caso è stato sollevato da una candidata leccese, ricercatrice di Arpa Puglia e della stazione zoologica di Napoli, che pur avendo superato tutte le prove concorsuali, non era stata collocata dalla commissione tra i vincitori perché uno dei titoli previsti dal bando di concorso, come requisito per l’ammissione, il dottorato di ricerca, era risalente al 2008 e considerato perciò troppo datato, dal momento che la Commissione aveva stabilito, in modo arbitrario, secondo i giudici ammnistrativi, un sub-criterio, in aggiunta a quelli previsti dal bando: “la vicinanza temporale del completamento del percorso formativo post-universitario”.
Un sub-criterio che per la ricercatrice leccese, nonostante un curriculum fitto di pubblicazioni, incarichi di responsabilità e coordinamento di progetti nazionali, produzioni scientifiche importanti, premi, esperienze all’estero, collaborazioni con Università ed enti prestigiosi, si è rivelato un handicap per rientrare nei sette posti messi a bando. Accogliendo le tesi dell'avvocato Simona Manca, legale della ricercatrice ricorrente, il Tar ha praticamente ritenuto illegittimo il sub-criterio deciso alla Commissione, in base al quale sono stati esclusi dai primi posti della graduatoria anche ricercatori più titolati, con esperienze in importanti università e centri di ricerche. "Con questa sentenza il Tar ha riportato la situazione alla “normalità” nei concorsi pubblici - sottolinea il legale della ricercatrice -: la supremazia del merito, restituendo così speranza e forza a chi dedica la sua vita alla ricerca e a chi crede nel merito e nella scienza. Altri criteri, come il favorire i giovani ricercatori, possono intervenire, ma solo a parità di competenze".
Qui la sentenza.